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[ITA] // DIO, CON LA COSTOLA CHE AVEVA TOLTO ALL'UOMO CREO' LA DONNA // La nostra ricca e antica tradizione patriarcale poggia le sue fondamenta su questa popolarissima favola della buonanotte. Il primo tassello di un interminabile domino discriminatorio che presuppone la donna sia venuta al mondo per essere d’aiuto all’uomo. Se l’uomo è il Sole, la donna è la Luna, se lui è una motocicletta, lei un sidecar, se lui è un albero, lei l’orchidea che poggia sui suoi rami. Anche linguisticamente gli uomini sono ben protetti dai gelidi spifferi dell’uguaglianza. Basta un uomo in mezzo a cento donne, per rendere un gruppo maschile: loro sono arrivati, non arrivate. L’identità (e sensibilità) di un solo maschio prevale sull’identità (e sensibilità) di una moltitudine di femmine. Ne è sintomo la nostra resistenza a usare semplici termini come sindaca, chirurga, amministratrice delegata, avvocata o ministra. Che il ruolo, di fatto, sia ricoperto da una donna, non significa certo che siamo pronti a condividerlo anche a parole. Persino alcuni programmi di Controllo di ortografia sanno essere sessisti, considerando inesistenti una miriade di aggettivi che riconoscono al maschile. Costellata non esiste, costellato sì. Indispettita no, indispettito sì. Allibita no, allibito sì. E anche molto. Dalla cultura del ‘falle vedere chi porta i pantaloni’ alla percezione del padre come capofamiglia (dicitura che in Italia è stata ufficialmente abbandonata solo nel 1989). Dal confinare il ruolo della donna all’interno delle mura domestiche, al controllare il suo corpo, le sue scelte e i suoi sogni. Da Cinquanta sfumature di grigio, a Sposati e sii sottomessa. Dal divario retributivo di genere al femminicidio (questa parola, secondo il Controllo ortografia di Word, non esiste), tutti frutti dello stesso seme. Un seme che pare sia stato piantato nientemeno che da Nostro Signore in persona. Guarda caso, secondo plurime testimonianze, un maschio, bianco ed eterosessuale. È stupefacente che la leggenda biblica della Creazione dell’Uomo e della Donna sia smentita dall’evidenza. Se qualcuno nasce come complemento dell’altra, quello è proprio il maschio. Forse siamo davanti a un caso di secolare ipnosi collettiva. Che tutti nasciamo da una femmina è un dato chiaro persino ai bambini dell’asilo. Che basterebbe inventare un distributore automatico di variopinti spermatozoi per concepire un mondo di sole donne, lo può immaginare anche un ragazzino delle medie. A un mondo di soli uomini, al contrario, basterebbe una generazione per estinguersi. E non solo per ragioni riproduttive, ma anche caratteriali: con ogni probabilità ci invischieremmo in un inestricabile intreccio di grandi e piccole guerre, privandoci anche del lusso di una morte naturale. Che al principio siamo tutti femmine, invece, è un fatto che adoriamo sorvolare in massa. Per chi, a questo punto, cadesse dal pero, lasciatemi spiegare cosa succede quando sotto un cavolo si forma un bambino. Al concepimento, il patrimonio genetico di un uomo e di una donna si fondono, donando 23 cromosomi ciascuno al novello embrione. Una coppia di questi cromosomi ne determina il sesso: XX se sarà femmina, XY se sarà maschio. Durante le prime cinque settimane di sviluppo, però, è il solo cromosoma X a dettar legge, formando il feto secondo un percorso, appunto, ‘femminile’ e indistinto per entrambi i sessi. Dopo la quinta settimana, quando anche il cromosoma Y entra in azione, inibisce alcune caratteristiche del cromosoma X, che altrimenti continuerebbe a sviluppare una femmina, innescando al contempo l’adattamento ai tratti maschili. Ed è così che le ovaie discendono per diventare testicoli, le labbra vaginali si chiudono per formare uno scroto, e il clitoride si espande per diventare un pene. La linea continua di pelle che va dallo scroto fino alla punta del pene, chiamata rafe, non è altro che la saldatura dei due lembi di tessuto adiposo. I capezzoli? Un souvenir. Sono già formati prima della quinta settimana, quindi rimangono lì dove sono, a ricordarci che non siamo altro che femmine mutate in maschio. La storia di Eva formata da una costola di Adamo fa dunque acqua da tutte le parti, anche come metafora. E sospetto fortemente sia una metafora scritta da un club di soli maschi. Maschi che, per amore di coerenza, dovrebbero avere un numero dispari di costole, o almeno il potere di rigenerarle, come la coda di una lucertola. Sono gli stessi maschi che nei secoli dei secoli potevano ripudiare la moglie se partoriva solo femmine. Ignari del fatto che sia il padre a determinare il sesso dell’embrione, la madre non ha voce in capitolo. Se ci avessero raccontato una favola più aderente alla realtà, una metafora che volesse illustrare la nostra natura, invece di influenzarla, cosa ne sarebbe stato degli ultimi duemila anni di guerra, colonizzazione, schiavitù e sfruttamento? La nostra Storia sarebbe comunque macchiata dal cronico tentativo di prevaricare sugli altri? Cosa sarebbe cambiato se ci avessero raccontato che Dio, dopo aver formato la donna dalla polvere della terra e averle soffiato nelle narici un alito vitale, avesse detto, ‘Non è bene che la donna sia sola, io le farò un aiuto che sia adatto a lei’? Useremmo ancora il termine ‘femminuccia’ per denigrare un maschio? Troveremmo così sorprendente l’idea di una Presidente della Repubblica o una Papessa? Cosa cambierebbe se intaccassimo il più grande tabù del mondo e Dio fosse donna agli occhi dei fedeli? Forse cambierebbe poco, ma preferisco immaginare che cambierebbe tutto. Di solito, lo immagino prima di addormentarmi. È una delle mie favole della buonanotte preferite. E dal buio, affiora un mondo meravigliosamente colorato. Un mondo dove gli animali non si estinguono, il cibo è sufficiente e la guerra una parola del passato.