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[ITA] [ENG] // THE BIG CABANA FAMILY // Sfogliando Cabana, salta immediatamente all’occhio la qualità della rivista. Non solo nei contenuti, ma anche nella stampa, nella scelta del tipo di carta, della sua grammatura, della sua grana. Ora che la rivoluzione digitale sta facendo piazza pulita del cartaceo, sembra sia in atto la sua rivincita. Cabana esalta tutti quegli aspetti che al digitale sono negati, rinchiuso com’è dentro a un freddo schermo retroilluminato. È un’esperienza non solo visiva, ma anche tattile, olfattiva. Non l’ho ancora baciata, ma sono certo che abbia sapori diversi, secondo la pagina. La copertina del terzo numero ha persino l’aria di essere a good kisser. Martina sorride, «io uso il digitale in maniera ossessiva, quasi ogni ora tra ricerca di news, email e Instagram… Ci rende la vita così semplice, complice il fatto che diventa sempre più facile spendere soldi sul web. Un click con il pollice e via. Poi, quando arriva sera, e sei nel salotto di casa tua con un bicchiere di vino rosso, la musica accesa… Beh, forse in quel momento preferisci avere di fianco un magazine come Cabana piuttosto che il tuo Ipad – e se poi tu mi dici che ha anche l’aria di essere un good kisser…». Farò una prova, in privato, e vi dirò i risultati. Quando nasce qualcosa di nuovo, sono sempre curioso di sapere quale sia stato il seme originario, quale idea abbia germogliato, per poi crescere e svilupparsi fino a diventare qualcosa d’imponente e complesso. Spesso però è difficile rintracciare il momento esatto della semina, forse si è trattato di un chicco caduto per caso, grazie a una folata di vento. Martina ripensa ai mesi in cui l’idea era in incubatrice, «non saprei descriverti come sia nata in me l’idea di Cabana… Ci ho pensato spesso nell’ultimo anno. Credo di poter dire che è cresciuta gradualmente, il frutto di alcune coincidenze o meglio di una sottile linea rossa che pian piano stava connettendo diverse osservazioni. Un po’ sulla linea del Connect the dots di Steve Jobs… Avevo la sensazione crescente che ci fosse bisogno e spazio per uno strumento dedicato a tutto ciò che è altamente decorativo. Un inno all’estetica in un periodo in cui si celebrava il concettuale, il minimal e il contemporaneo. Un momento importante è stata la visita alla Biennale d’Arte di Venezia del 2013. Ero andata da sola a visitare la mostra di Rudolf Stingel a Palazzo Grassi. Rimasi basita. Se è vero che mi trovavo all’interno di una delle massime cattedrali dell’arte contemporanea con uno dei suoi più riconosciuti sacerdoti a occuparne interamente lo spazio, in realtà ebbi la sensazione di avere davanti un’immensa scenografia d’interni, quasi un’opera di Renzo Mongiardino. Questo, unito al fatto che mi ero da poco trasferita a Londra dove sentivo sempre di più questa voglia di un ritorno al decorativo, mi ha spinto a ideare il progetto Cabana – che è nato poi 6 mesi dopo». Non solo la scelta di cosa mostrare, ma anche di come mostrarlo, sembra essere in contrasto con le mode correnti. Il minimalismo è spazzato via da una moltitudine di colori, materiali e trame delle più diverse. «La scelta di come mostrarlo è venuta abbastanza naturale… Se doveva essere il nuovo Vangelo degli Interiors (sì, abbastanza ambiziosi, ma ci piace così) e di quel mondo che ama e si ispira quotidianamente alla decorazione, dovevamo renderlo tangibilmente ricco, alla vista come al tatto. Doveva dare l’impressione di avere in mano il più incredibile velluto di seta ricamato a mano… Dovevamo insomma inventarci l’Alta Moda dell’Editoria, una metafora dell’eccellenza artigianale». Mi sorge il dubbio che avere base a Londra abbia facilitato il progetto. Spero non sia un ulteriore indizio che ai cervelli italiani convenga la fuga all’estero. Martina, per mio sollievo, è certa non sia così: «Cabana non poteva nascere o crescere in me se non fossi così italiana. Anzi, il fatto di abitare a Londra può aver facilitato il progetto proprio perché da quando vivo all’estero provo una nostalgia folle per la bellezza italiana… Un po’ come un sogno romantico, come quei tedeschi o inglesi che dopo essere stati in Italia ricordano poeticamente i suoi colori, il suo meraviglioso caos e la decadenza estetica. Ecco, Cabana è un po’ un Viaggio in Italia di Goethe, visivo. Poi, ovviamente, essendo Londra la culla dell’Interior Decoration, mi ha permesso di creare intorno a me una community di contributors che è il cuore pulsante del giornale, quella che io chiamo la #bigcabanafamily».